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Rischio spezzatino per Telecom?

Pubblicato il 31/07/2017 alle ore 00:27:47

Consob, a quanto risulta, non fermerà l’indagine avviata su Telecom, nemmeno dopo che Vivendi ha denunciato quello che si voleva appurare e cioè di esercitare «direzione e coordinamento» sul gruppo. L’Authority di mercato presieduta da Giuseppe Vegas ha evidentemente altri filoni da appprofondire, dal momento che ieri, senza preavviso, ha convocato in audizione il presidente dei piccoli azionisti Asati, Franco Lombardi. Non si sa se nei prossimi giorni convocherà anche Flavio Cattaneo, che con ieri ha concluso il suo mandato di ad, rimettendo le deleghe al presidente esecutivo Arnaud de Puyfontaine, ceo della media company transalpina.

L’ipotesi di consolidamento del debito di Telecom - che per le regole italiane a questo punto sarebbe automatico - non spaventa però Vivendi, convinta di non correre rischi. La competenza a riguardo spetta all’Amf, la “Consob” transalpina, ma le regole francesi sono differenti. Se anche dovessero emergere elementi sufficienti a giustificare l’obbligo di un’Opa, non è detto che Vivendi lo subirebbe. L’obbligo - che in teoria scatta solo al superamento della soglia, che per Tim, è del 25% - non è di promuovere un’offerta pubblica nell’immediato, ma di lanciarla o di dismettere la partecipazione nell’arco dei dodici mesi successivi.

L’effetto della cura Cattaneo è stato anche quello di aumentare l’Ebitda e dei parametri con i quali si valutano le imprese quando si vuole venderle. I pretendenti non mancherebbero. Dai grandi ex-monopolisti europei, che tranne Telefonica (comunque ben spalleggiata dall’establishment spagnolo), sono ancora sotto l’egida dello Stato. Ai fondi di private equity - almeno due ci avrebbero messo gli occhi sopra - che di prassi massimizzano il profitto facendo a pezzi le società acquisite, perchè la somma delle parti è sempre superiore all’unità.

Nel dopo Cattaneo, i francesi al comando si riservano in effetti di valutare ogni opzione strategica di M&A, che possa riguardare il Brasile, la rete, Sparkle o quant’altro. Ma la rete, asset dichiarato strategico per gli interessi nazionali, difficilmente potrebbe restare in mani italiane.

Lo scorporo della rete è un’eventualità che lo stesso De Puyfontaine non ha escluso possa essere discussa in futuro per Telecom. Ma lìapertura arriva proprio adesso che il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha dovueto alzare bandiera bianca sul progetto di società unica della rete, dopo aver constatato l’indisponibilità delle parti a procedere in questo senso. Non solo da parte dell’incumbent si tratta ancora di parole, ma anche perchè proprio in settimana è stata confermataapubblicamente - dal suo ad Francesco Starace - la contrarietà dell’Enel a sposare il progetto di portare all’altare la società della fibra Open Fiber, di cui è socio paritetico con Cdp. Anche perchè rete Telecom, ancora parzialmente in rame, è valutata dagli analisti almeno 15 miliardi. Quale mano pubblica potrebbe metterla sul piatto, se persino un gruppo delle dimensioni dell’Enel si tira indietro?

Se si spalancassero le porte a uno scenario di spezzatino, a portata di portafoglio di Stato, con un miliardo o poco più, ci sarebbe probabilmente al massimo Sparkle. I tentativi di scambiarla con Metroweb (oggi assorbita da Open Fiber) sono falliti, ma la società dei cavi internazionali, nell’era di Internet, non conserva più tutta la strategicità che aveva un tempo, all’inizio deli anni ’90, quando gli americani di AT&T ne avevano chiesto la gestione.

Il golden power affermato sulla rete, del resto, non può essere fatto valere nei confronti di un soggetto comunitario. Ma i francesi non hanno esitato a usare la forza nei cantieri navali contro partner italiano, sebbene sia opinabile che quanto previsto nello statuto di Stx sia validamente sostenibile davanti a Bruxelles.

In una partita che necessarimente si intreccia con i rapporti bilaterali Italia-Francia, il rischio è che un gruppo francese, per i suoi interessi privati di convergenza, possa guidare l’incumbent di cui ha la direzione e il coordinamento verso un processo di consolidamento del settore europeo, senza che il Governo di Roma possa avere voce in capitolo, nè per partecipare allo spezzatino, nè per affermare prioritariamente gli interessi nazionali.

 

http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/finanza-e-mercati/2017-07-28/tim-rischio-spezzatino-e-nodo-rete-225916.shtml?uuid=AEMIvT5B



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